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Piatti della tradizione

Fra i primi piatti primeggiano gli Anolini

«Una signora di Parma, che non ho il bene di conoscere, andata sposa a Milano, mi scrive: “Mi prendo la libertà d’inviarle la ricetta di una minestra che a Parma, mia amata città natale, è di rito nelle solennità famigliari; e non c’è casa, io credo, ove nei giorni di Natale e Pasqua non si facciano i tradizionali anolini”. 
(da “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi)

Anche alla corte di Maria Luigia Duchessa di Parma e Piacenza (1791-1847) si mangiavanogli  anolini e si collega ad essa la frase “Solo al re Anolino la Duchessa porge il suo inchino”.

Il termine “anolino”,  esclusivo della provincia di Parma, si riferisce a una pasta ripiena, che nel resto dell’Emilia Romagna chiamano  tortellini o cappelletti. Primo piatto della festa per eccellenza, gli anolini hanno la forma di un dischetto formato da due strati sovrapposti di pasta sfoglia, tirata a mano col matterello, e tagliati con l’apposito stampino, al cui interno c’è il ripieno. Vanno cotti e serviti nel brodo di carne di manzo e cappone. E’ il ripieno che fa l’anolino: quello tradizionale è composto da sugo ristretto di stracotto, formaggio stravecchio grattugiato, pane raffermo grattato, uova e sapore di noce moscata. 

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I Tortelli di erbetta 

I tortelli d’erbetta sono forse il piatto più conosciuto della cucina parmigiana, la loro origine si perde nei secoli passati. La prima testimonianza nota è quella in un banchetto preparato da Benedetto Antelami nel 1196 in onore dei suoi operai per festeggiare la fine della costruzione del Battistero di Parma, se ne parla  anche nella Cronica di Salimbene de Adam (XIII secolo). Le “erbette” non sono altro che foglie di bieta, o bietola: una pianta erbacea annuale dalle larghe foglie lucide d’un verde scuro e brillante che cresceva spontanea nelle nostre campagne. I tortelli d’erbetta, dunque, sono rettangoli piuttosto grandi di pasta fresca all’uovo con un ripieno ricco, cremoso e delicato composto da bietole fresche, cotte in acqua, strizzate e tagliate finemente, ricotta fresca e Parmigiano-Reggiano grattugiato. La tradizione parmigiana vuole che i tortelli d’erbetta siano “longh col so covvi, tgniss sensa vansaj, foghè in t al buter e sughè col formaj” ossia lunghi con la loro coda, compatti senza sfaldarsi, affogati nel burro e asciugati col formaggio. La preparazione dei tortelli d’erbetta è legata anche a un’antica tradizione parmigiana e parmense che vuole che la notte di San Giovanni, il 23 giugno, si organizzino delle tortellate, solitamente all’aperto, per raccogliere la rugiada che si dice miracolosa.

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La Bomba di riso

Piatto tipico delle nostre campagne, la Bomba di Riso viene ancora oggi preparata come  portata unica nelle tavole contadine. L’origine di questo piatto  è contesa tra i cugini Reggiani e l’altra metà del Ducato, vale a dire i Piacentini. Si tratta di un involucro di riso che racchiude un intingolo di carne di piccione, arricchito in qualche variante da funghi, salsiccia, animelle o tartufi.  Il nome del piatto “bomba” è dovuto alla ricchezza di ingredienti e alla  forza dei sapori. 

Secondi Piatti 

Fra i secondi piattila prima citazione spetta allo stracotto, che è anche il padre degli anolini. Lo stracotto è un pezzo di coscia di manzo che va lasciato cuocere a lungo con  carote, sedano e cipolla.

Il bollito misto, latrippa alla parmigianala “vecchia”, piatto di antica tradizione, costituito da carne di manzo lessa tagliata a fettine, verdure -cipolle, peperoni, patate e pomodori freschi- pure tagliate a fette e un battuto di lardo, cipolla, aglio, prezzemolo e sedano. Molto diffuso anche il pesto di cavallocostituito da carne di cavallo macinata, consumata cruda, condita con olio, sale, pepe, e, a piacere, aglio, limone o scaglie di Parmigiano Reggiano.

Torta fritta

La torta fritta è versione parmense di quelle paste fritte che si trovano un po’ in tutta l’Emilia -gnocco fritto, crescentine, chisulin- si sposa perfettamente con i salumi, i formaggi e i vini del territorio. Torta fritta: losanghe di pasta a base di acqua e farina che vengono fritte preferibilmente nello strutto. Street-food per eccellenza, si trova immancabilmente nelle feste di paese o di quartiere. L’impasto, acqua e farina, è di per sé molto povero; a conferire alla torta fritta la sua golosità è proprio la frittura, possibilmente nello strutto. Ottima come antipasto, può anche costituire un piatto unico ed è molto amata come aperitivo, accompagnato da un calice fresco di Lambrusco di Parma e ai salumi di Parma. 

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Ingredienti per 4/6 persone:
250 g di farina bianca
15 g di lievito di birra ( opzionale)
30 g di strutto o olio
1 cucchiaio colmo di sale
1/8 di l d’acqua tiepida (12 cucchiai)
abbondante olio o strutto per friggere

Preparazionesetacciate la farina e disponetela a fontana sulla spianatoia, nell’ incavo al centro mettete il sale, lo strutto e il lievito sciolto nell’acqua. Lavorate bene il tutto a lungo. Se avete messo il lievito, lasciate riposare l’impasto coperto con un canovaccio in luogo tiepido, per un’oretta. Stendete la pasta, col mattarello o con la macchinetta, in una sfoglia alta tre millimetri circa. Tagliatela a rombi e friggeteli nello strutto bollente, pochi per volta. Sgocciolate mano a mano i pezzi gonfi e dorati e serviteli caldissimi con una spolverata di sale fino, accompagnati da salume e formaggi morbidi.

Dolci 

Fra i dolci sono da segnalare le chiacchiere di suora, dolce tipico di Carnevale, le scarpette di Sant’Ilario, biscotti di pasta frolla a forma di scarpe, in ricordo del passaggio di Sant’Ilario a Parma, dove il vescovo si fece rifare le scarpe da un ciabattino. Questo dolce viene preparato in occasione della ricorrenza del santo, patrono della città, il 13 gennaio.

La torta Maria Luigia, fatta con pan di Spagna arricchito di polvere di mandorla e cioccolato, farcitura di cioccolato e crema di fragoline di bosco infine ricoperta con cioccolato fondente.

I tortelli dolci e la spongata, una base di pasta farcita con marmellata di mele e pere, frutta candita, pinoli e mandorle, e ricoperta da un secondo strato di sfoglia.

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Il Grande Fiume – Riserva Mab Unesco

E’ partita da Colorno la candidatura a Riserva della Biosfera Mab Unesco dei territori rivieraschi del medio Po, un tratto dell’asta del Grande Fiume lungo circa 250 km.

La sottoscrizione del documento ufficiale è avvenuta nella Sala del Trono della Reggia di Colorno da parte di una folta rappresentanza di tutti gli enti coinvolti: le regioni Emilia Romagna e Lombardia; le province di Parma, Reggio, Piacenza, Cremona e Mantova e 54 comuni tra i quali i parmensi Colorno, Mezzani, Sissa Trecasali, Roccabianca e Polesine Zibello e, appena fuori provincia, Casalmaggiore, Viadana, Brescello, Boretto, Gualtieri, Guastalla e Poviglio. Coinvolti anche 39 siti di Natura 2000, 38 habitat di interesse comunitario e le aree dei dieci affluenti del Po in quel tratto.

In prima fila anche i promotori della candidatura: l’Autorità di Bacino per il fiume Po, l’Università degli Studi di Parma e Legambiente. L’obiettivo di fondo è quello di conservare paesaggi, ecosistemi e specie e favorire lo sviluppo economico e umano sostenibile sul piano socio-culturale ed ecologico. Il programma Mab (Man and the biosphere) è stato avviato dall’Unesco negli anni ‘70 allo scopo di migliorare il rapporto tra uomo ed ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca.

La dichiarazione di Massimo Gibertoni di Legambiente: «Lunedì c’è stato un primo incontro a Revere. Possiamo dire di aver iniziato una terapia con la quale capire cosa serve al nostro territorio che, nell’immaginario collettivo, offre una molteplicità di chiavi di lettura: si va dal paesaggio delle lanche alle spiagge dei fiumi, da luoghi in cui si conserva un’importante biodiversità con molte specie di uccelli tra le quali il falco cuculo a tutto un patrimonio di case rurali, chiese, oratori, borghi, argini e poi ancora di agricoltura, musica, ristorazione e manifestazioni culturali». Nei dettagli della candidatura è entrato Philippe Pypaert dell’ufficio Unesco di Venezia. «Con la riserva Mab non vogliamo vendere sogni, ma vogliamo parlare di qualcosa di concreto che valorizzi le eccellenze di questo territorio perseguendo 17 obiettivi tra i quali rientrano, su larga scala, la lotta alla povertà, il benessere, la riduzione delle ineguaglianze e lo sviluppo sostenibile per vivere il pianeta senza distruggerlo. Di sicuro l’esperienza Mab non deve restare in ambito locale, ma essere un’esperienza che parla all’Italia». L’incontro di Colorno ha rappresentato un primo momento di confronto al quale seguiranno altre occasioni di approfondimento anche attraverso lo studio di altre esperienze Mab che sono già operative dalle quali prendere spunto per delineare le strategie del tratto del medio Po”



Per maggiori informazioni: www.pogrande.it

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Itinerari culturali

Colorno storica

Un itinerario a piedi tra i borghi cittadini tra le testimonianze del patrimonio locale, oratori, chiese, il Palazzo Ducale, che ci raccontano la storia del paese.

Da Piazza Garibaldi su cui si affaccia l’imponente Reggia di Colorno, la Petit Versailles dei Duchi di Parma, una delle più raffinate corti europee del Settecento, lungo il Borgo di Via Mazzini si raggiunge la Chiesa di Santa Margherita di forma tardo-gotica. Proseguendo per via XX Settembre arriverete in Piazzale Vittorio Veneto e vi troverete di fronte l’Aranciaia (1710-1712), ricovero invernale per le numerose piante di agrumi che venivano collocate nei mesi estivi nel Giardino del Palazzo Ducale, oggi sede del MUPAC Museo dei Paesaggi di Terra e di Fiume. Si prosegue per Via Farnese e, prima del Canale Naviglio si entra nel Giardino Storico della Reggia. Un parco di 11mila metri quadri con il parterre di aiuole in stile francese e il bosco romantico all’inglese voluto da Maria Luigia d’Austria.

Attraverso l’infilata di cortili del Palazzo si arriva in Piazzale Ferdinando di Borbone con la settecentesca Cappella Ducale di San Liborio a destra collegata all’Appartamento di Ferdinando di Borbone le cui finestre, sul lato nord, si affacciano sul ponte di Nepomuceno sul torrente Parma che, dopo un tortuoso percorso di circa 4 km, sfocia nel Grande Fiume.

Oltrepassato il ponte, a sinistra percorrendo la passeggiata sull’argine della Parma si arriva al ponte di mezzo con la tipica struttura a schiena d’asino. Si continua lungo l’argine oltrepassando la Chiesa di Santo Stefano fino al piccolo oratorio e in lontananza la Torre delle Acque, manufatto idraulico del XV secolo che, tre secoli più tardi, sotto Francesco Farnese, alimentava le numerose fontane del Giardino dei Duchi.

Un momento d’arte, tra gusto e natura

Un giorno di primavera da vivere passeggiando per il borgo di Colorno, tra negozi e caffè, per strette vie ammirando importanti testimonianze artistiche come il Duomo di Santa Margherita e che sfociano nella grande piazza sulla quale si erge maestosa la Reggia di Colorno. Immergersi nell’atmosfera del Settecento nelle sale interne del Palazzo che ha visto protagonisti Babette figlia del re di Francia Luigi XV e il marito Filippo di Borbone. Fermarsi a degustare le ricette della tradizione di cui è ricca la cucina della Bassa Parmense. E infine immergersi nella natura del grande Giardino Storico che, insieme alla ricchezza degli ambienti delle sale del Palazzo, rese Colorno la Petite Versailles dei Duchi di Parma.

Tra i Castelli della Bassa

Colorno, Fontanellato, Soragna: tre dei castelli che punteggiano il territorio della Bassa Parmense.

Il percorso di un giorno parte da Colorno, a sud del Po, con la sua maestosa Reggia, “luogo di villeggiatura” delle corti nel corso dei secoli. Corte rinascimentale con la marchesa Barbara Sanseverino, divenne residenza estiva principale prima sotto i Farnese poi sotto i Borbone, con Luisa Elisabetta di Francia, moglie di Filippo di Borbone sotto la quale assunse l’appellativo di Petit Versailles dei Duchi di Parma Farnese. Nell’800 Maria Luigia d’Austria ne fece una delle sue residenze preferite facendo realizzare un ampio bosco all’inglese.

Percorrendo le strade provinciali 9 e 10 della Bassa si raggiunge San Secondo Parmense, residenza dei conti e marchesi Rossi, fortezza medievale prima e sfarzosa residenza rinascimentale poi, con all’interno la Sala delle Gesta Rossiane e il suggestivo racconto, in 17 riquadri, dell’Asino d’Oro di Apuleio. Si prosegue per Fontanellato, uno dei 100 Borghi più belli d’Italia, dominato dalla maestosa mole della Rocca Sanvitale, circondata dalle acque del fossato e custode di numerosi tesori d’arte tra cui il ciclo di affreschi del Parmigianino nella famosa Sala di Diana e Atteone e la Camera Ottica.

Bike food&art tour

“Passeggiando in bicicletta…”. Alla scoperta delle città ducali, da Colorno la Petite Versailles, a Parma, Capitale del Ducato sotto i Farnese, i Borbone e Maria Luigia d’Austria, premiata nel 2018 città eco-mobile del Bel Paese. Un itinerario lungo parte della ciclabile Parma Bike & Food Valley, all’insegna del verde e di un turismo lento tra luoghi d’arte e tappe gastronomiche per degustare le eccellenze del territorio.

Periodo consigliato: da aprile a settembre

Partenza/rientro: Colorno

Distanza: 13 km a tratta

Possibilità di noleggio biciclette presso l’Ufficio IAT di Colorno

 

 

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Curiosità

Concerto Cantoni

Il Concerto Cantoni è stato fondato nel 1861 a Casale di Mezzani da Giuseppe Cantoni, suonatore di flicorno. Si tratta di una formazione musicale composta da una decina di esecutori. Era innovativa per quell’epoca, innanzitutto perché per la prima volta rendeva fruibile anche ai contadini e alle classi più umili la musica da ballo, valzer, polka e mazurca, fino ad allora presente solo nelle case dei nobili che potevano permettersi di pagare i musicisti. Il concerto nasce con le feste contadine che si svolgevano in occasione dei raccolti,  mietitura e vendemmia e delle sagre; ben presto diventa noto in tutto il parmense e province limitrofe e la sua partecipazione diventa molto richiesta.

Una peculiarità del Concerto Cantoni è il tipo di strumenti utilizzati, quasi tutti fiati. Questo lo differenzierà dalle formazioni romagnole per la mancanza di batteria e fisarmonica, da quelle modenesi e reggiane per l’assenza di fisarmonica e violini. Altra caratteristica del Concerto Cantoni è la presenza di tanti musicisti della stessa famiglia. Al momento della fondazione, Giuseppe Cantoni impiegherà i propri figli per suonare i vari strumenti, solo i clarinetti sono suonati da musicisti esterni. Nel corso degli anni si calcola che siano stati almeno una cinquantina gli elementi della formazione appartenenti alla famiglia Cantoni. Negli anni 60 il Concerto fu utilizzato anche sul set di alcuni film di Bernardo Bertolucci, NovecentoLa strategia del ragno e La tragedia di un uomo ridicolo e collaborò artisticamente con Giorgio Strehler e Roberto Leydi. Nel 2004 a Coltaro di Sissa è stato inaugurato un museo che espone i cimeli di questa formazione musicale.

per saperne di più:  Museo Cantoni http://www.museiparma.it/site

Il cippo di Caio Metello 

Il cippo romano che commemora Caio Metello, figlio di Marco, cittadino romano, vissuto  fra il I e il II secolo d.C, è una delle più antiche testimonianze del territorio sorbolese. Rinvenuto nel XVII secolo, il cippo fu in seguito adattato a celebrare la memoria dell’arciprete Ulisse Baroni che morì di peste nel 1630; in quell’occasione fu probabilmente eliminata la cimasa del monumento antico e aggiunta una nuova iscrizione, senza toccare il testo sulla facciata principale, in segno di rispetto per la sua antichità. E’ stato riscoperto nel 1950 in corrispondenza di una porta della canonica di Sorbolo, dove era stato riutilizzato con funzione di soglia. La sua importanza ha meritato la collocazione all’interno della chiesa di San Faustino e Giovita dove se ne può garantire, oltre alla protezione, anche la visibilità da parte di chiunque.

Per saperne di più http://www.diocesi.parma.it/parrocchie/sorbolo/

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La storia di Sorbolo Mezzani

Il Comune di Sorbolo Mezzani nasce nel 2019 dalla fusione dei comuni di Sorbolo e di Mezzani

Sorbolo – La storia

Gli insediamenti umani più antichi nel territorio di Sorbolo sono costituiti dalle tracce di presenze di villaggi terramaricoli dell’età del Bronzo, ritrovati a Casaltone e a Coenzo e un insediamento dell’Età del Ferro nella zona di Ramoscello.
In Età Romana Sorbolo si caratterizza come area di transito delle vie commerciali tra Parma, Brescello e il Po. Dai campi affiorano oggi i materiali di epoca romana, soprattutto nella zona di Ramoscello; zona, quella compresa tra la via Mantova e Frassinara, che con Pedrignano porta in sé evidente il ricordo della suddivisione centuriale romana, nell’andamento dei canali, dei fossi, delle piantate.
Il documento d’archivio più antico in cui troviamo citato il territorio di Sorbolo risale all’anno 835, quando la Regina Cunegonda stabilisce la dote per il Monastero di S. Alessandro che comprende per l’appunto alcuni beni “in Sorbulo qui regitur per Tuesperto”.
Dall’Alto Medioevo iniziano le opere di bonifica e di ricolonizzazione del territorio da parte degli ordini monastici di Parma: i monasteri di San Giovanni Evangelista, di Sant’ Uldarico e la stessa Abbazia Cistercense di S. Martino de’ Bocci, che possedeva vasti appezzamenti nel territorio di Ramoscello e Frassinara. La presenza degli ordini religiosi svolgerà, dal X al XVI secolo, un ruolo fondamentale nell’organizzazione strutturale e funzionale del territorio.
Accanto al sistema religioso era presente il potere politico. Espressione di questo potere è il sistema di luoghi fortificati, il cui ruolo era duplice: difensivo e di salvaguardia dei transiti commerciali. Il ruolo militare di presidio più importante del territorio sorbolese fu svolto da Coenzo, in particolare nel periodo di maggior tensione fra Guelfi e Ghibellini, ciò consentiva il controllo dei commerci provenienti dal territorio rivierasco del Po, dal territorio reggiano (Brescello, Boretto, Guastalla) e da Parma.  

Dal feudo e dalla proprietà ecclesiastica si arriva, con l’età farnesiana, all’insediamento delle classi borghesi o di famiglie nobiliari della città; è il caso ad esempio dei Calvi, creati nobili nel 1693 da Ranuccio e investiti di Coenzo, dei Campori-Menafoglio marchesi, nel 1636 per decreto di Francesco I, dei Gruppini che ottengono la familiarità ducale nel 1648 e dei Lalatta, marchesi dal 1695, proprietari di diversi poderi, mulini, di una villa e di un palazzo a Sorbolo.

Con il XIX secolo e la relativa costituzione del Comune (il primo Sindaco di Sorbolo, Giovan Battista Pinetti, risale al 1806), vengono realizzate nuove opere pubbliche e strade. Nel settembre del 1808 viene inaugurata la prima scuola; si vivacizza la vita sociale: già dal 1864 a Sorbolo esiste una Società di Mutuo Soccorso fra artigiani; nel 1891 nasce la “Società Cooperativa fra i lavoranti” e nel 1885 la “Società Cooperativa di Previdenza” con il proposito di aprire uno spaccio, organizzare il lavoro ed il credito su basi cooperative.

Lo stemma di Sorbolo

Lo stemma è stato ufficializzato nel 1930 tramite Regio Decreto. Nel primo “partito” vi è un Ponte a due arcate sul quale compaiono una guardiola, una casa sulla sinistra ed una stella d’argento che sormonta il Ponte; nel secondo “partito” viene rappresentato un grande albero di sorbo; nella parte inferiore compare una campagna erbosa.  Il ponte, di fondamentale importanza per la vita di questo paese, per molto tempo ha rappresentato un vero e proprio confine; mentre il simbolo del sorbo e la base verde dello stemma stanno ad indicare la prevalente attività agricola che contraddistingueva all’epoca Sorbolo.

Mezzani – La storia

Mezzani è un toponimo che deriva dalla parola latina medianus, un tempo utilizzato per indicare le isole del Po (lungo il corso del fiume vi sono infatti diverse località che riportano tale nome). I centri abitati del comune sono sorti su quelle che un tempo erano isole del Po, dette appunto Mezzani,  poi congiunte alla riva parmigiana. In epoca medievale sorsero gli attuali centri abitati. Il primo fu Casale, fondato su un’isola del Po esistente già nell’890; definito “insula iuxta Padum” per diventare alcuni secoli più tardi “Casalis ripae Padi”, poiché il fiume si era spostato più a nord.

L’imperatore Carlo il Grosso nell’880 concesse al Vescovo di Parma le rive dei fiumi Po, Parma, Enza e Taro e le isole che si trovavano in essi. Privilegi che furono poi confermati da Ottone III nel 973 e da Enrico VI nel 1195. Per tale motivo Mezzano Superiore e Inferiore, formatesi come isole del Po, divennero possedimenti dell’episcopato parmense. L’epoca della loro formazione non è certa, tuttavia l’abate Giovanni Romani menziona un avvenimento accaduto presso il “Mezzano del Vescovo” già nell’anno 1131. Il Mezzano citato è il Superiore, l’Inferiore si formò posteriormente al 1306. Prima che le due rive fossero congiunte alla riva destra del Po, la sponda del fiume iniziava presso Coenzo e proseguiva lungo l’argine di S. Antonio (oggi ridotto a semplice strada di campagna) fino alla maestà di S. Cristoforo di Mezzano Superiore, visibile oggi sulla provinciale.

Mezzano Rondani sorse sulla riva lombarda del Po. Nel XV secolo, dopo una grossa alluvione che aveva interessato l’area tra Casalmaggiore e Fossacaprara, il fiume si spostò verso nord e il paese si trovò su un’isola e più tardi venne unito con la riva parmigiana. La parola Rondani proviene dal nome di una famiglia proprietaria di diversi beni nel paese. Mentre Mezzano Rondani, Casale e Mazzabue fecero parte della giurisdizione ducale, Mezzano Inferiore e Superiore furono da sempre territori del Vescovo di Parma che a Mezzano Superiore aveva un palazzo in cui dimorava durante le sue visite. L’episcopato parmense concesse alla popolazione del luogo diversi privilegi fiscali. Dopo diversi tentativi, nel 1763 i Duchi di Parma, riuscirono a ottenere dal Vescovo la rinuncia alla propria signoria; la popolazione, privata dell’autonomia e dei privilegi di cui aveva goduto fino ad allora, si rifiutò di giurare fedeltà al Duca Filippo I di Parma; per sedare la ribellione dovettero intervenire i dragoni ducali.

Lo stemma di Mezzani

Esistono due versioni dello stemma comunale. Nello stemma originario campeggiano, su terreno verde, le mura rosse di un castello la cui porta è sormontata da un giglio d’oro. Il castello ricorda il castello di Felino permutato al vescovo di Parma in cambio del passaggio dei Mezzani al Ducato di Parma, ma potrebbe anche trattarsi del castello fatto erigere dal presule per difendere i suoi possedimenti dalle compagnie di ventura. Il giglio d’oro dei Borbone ricorda sempre la cessione dei Mezzani ai Duchi di Parma. Il campo verde su cui insiste il castello rappresenta la fertile e pianeggiante campagna del territorio comunale. Nello stesso stemma erano originariamente presenti righe orizzontali azzurre che simboleggiavano Mezzano Superiore e righe verticali rosso oro rappresentanti Mezzano Inferiore. Tali linee oggi non sono però più riconoscibili nel vecchio gonfalone esposto nella sala consiliare del comune. Successivamente venne scelto un nuovo stemma, quello attuale, in cui è rappresentato un ponte che scavalca tre corsi d’acqua, si tratta di Parma, Po ed Enza, i fiumi che attraversano il territorio di Mezzani. Il ponte è sovrastato da due cornucopie.

https://www.comune.sorbolomezzani.pr.it

 

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La Storia di Torrile

Torrile – La storia

La zona di Torrile, situata tra Colorno e Parma, ha tra i due centri i suoi poli di riferimento naturali e i suoi stessi limiti. Colorno significa il Po, una grande via di comunicazione sempre aperta al commercio per il trasporto del sale, bene indispensabile nell’antichità. Parma invece rappresenta la grande città, la capitale di una confederazione di ducati, capoluogo di provincia e polo industriale dalla fine del secolo scorso. La zona così compresa entro i limiti naturali posti dai fiumi Lorno e la Parma non poté sviluppare centri alternativi a questi due poli e si venne disgregando in piccoli abitati, generalmente posti su vie di comunicazione. La presenza di torrenti influì sulla storia di questa zona, le tracce della centuriazione romana sono flebili, poiché l’area fu molte volte sconvolta da piene e inondazioni. Tuttavia i resti di una strada romana ritrovata a S. Polo presso il cavo “Fossetta”, una stele dei Lucrezi databile al 98 d.C. ritrovata a Torrile e le tracce di una fornace a Bezze, attestano una indubbia presenza romana. Nelle cronache medioevali leggiamo di grandi inondazioni e ripetute scorrerie di eserciti che nel loro passaggio depredavano il territorio di Torrile, San Siro e Sant’Andrea situate su una modesta linea di fortificazione posta a salvaguardia del fiume e dei mulini, industria medioevale di primaria importanza: torri di vedetta più che fortezze. Nel 1461 il Duca di Milano Francesco Maria Sforza, travolto da una piena, fu salvato da un certo Antonio Ferraro abitante a S. Polo. Queste terre nel Medioevo erano spesso incolte, coperte da fitti boschi di querce o paludose, per questo coltivate a risaie procurando reddito sicuro ai loro proprietari, ma condizioni deleterie per i lavoratori. Nella zona, oltre alla malaria, si diffuse anche la pellagra, malattia il più delle volte mortale, causata dal consumo quasi esclusivo della polenta nell’alimentazione dei contadini. Nell’Alto Medioevo il Vescovo di Parma subentra al Demanio Regio nel possesso dei territori. Si trovano possedimenti della mensa vescovile in Torrile “la corte del vescovado“. Seguirono insediamenti di monache a San Siro e San Polo e di monaci a Gainago e San Martino dei Bocci o Paradigna, la cui Certosa Cistercense fu voluta dal Cardinale Gerardo Bianchi nativo di Gainago. Tra il 1710 ed il 1715 il Duca Francesco Farnese ottiene queste terre, attraverso permuta dalla mensa vescovile, nasce così la “Selva” di Torrile (o di Colorno): un quadrato di terreno coperto da un bosco, forse il sopravvissuto querceto medioevale, riserva di caccia. Il Bosco di Torrile rientra nella politica dei Farnese che, creando intorno alla città una fascia verde destinata a riserva di caccia, miravano all’espansione della città senza alterare l’equilibrio tra prato, bosco e orto ma ottenevano così la certezza di sottoporre alla volontà ducale ogni intervento futuro. Sotto i francesi, all’inizio del XIX secolo, comincerà il graduale smantellamento del Bosco di Torrile, che ben presto scomparirà per far posto a campi coltivati. Ai proprietari ecclesiastici si sostituirono nel tempo famiglie della ricca borghesia quali i Cantelli, i Tagliaferri, gli Zandemaria, che avevano investito con mentalità imprenditoriale in proprietà fondiarie, in terreni e in cascinali. Le terre di Torrile e S. Polo erano certamente tra le più appetibili, sia per la fertilità del suolo che per la vicinanza alla città. Si avvia così un processo di ulteriore spezzettamento delle proprietà in piccole estensioni di terreno, sulle quali si elevava una casa colonica.

Lo stemma
Lo stemma è stato concesso e ufficializzato dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi con decreto del 10 gennaio  1951. Su una base verde di campagna naturale, campeggia un torrione circolare rosso, merlato alla guelfa (merli di forma quadrata) eretto su un basamento di pietra.
 
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Giuseppe Rondizzoni (Mezzano Superiore, 14 Marzo 1788 – Valparaíso, 24 maggio 1866

Giuseppe Rondizzoni nel 1807 si arruolò volontario nella Guardia Imperiale dell’esercito napoleonico. Con Napoleone Bonaparte combatté sino al 1815 a Waterloo le guerre napoleoniche, ciò gli valse l’assegnazione della Legion d’Onore. Fu poi ammesso nel reggimento del Ducato di Parma governato da Maria Luigia con il grado di cadetto. Ma il nome di Rondizzoni è noto soprattutto oltreoceano, in America latina: egli infatti si aggregò alla gloriosa spedizione che, una volta attraversate le Ande, diede inizio alla riconquista del Cile. Ottenuta l’indipendenza del Cile tra il 1842 e il 1849 fu nominato governatore di Constitución e di Talcahuano e tra il 1851 e il 1853 intendente di Concepción e di Chiloé. Membro della Legione del Meritum de Chile, il generale Rondizzoni rivive ancora oggi nel ricordo della sua patria adottiva, che gli ha dedicato vie, piazze e monumenti e persino un’opera fortificata del porto di Talcahuano.

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Domenico Benassi, detto Memo (Sorbolo 1891 – Bologna 1957)

Memo Benassi è nato come violoncellista ed è diventato attore  solo in seguito. Artista dotato, espressivo e di grande presenza scenica fa una rapida carriera, nonostante la cadenza parmense e la voce nasale. Nel 1921 l’incontro che segna il suo destino: la Duse lo vuole nella sua compagnia: è “lo straniero” ne “La donna del mare”  di lbsen, e “il figlio” nella “Porta chiusa” di Marco Praga. Segue la Duse anche negli Stati Uniti nel 1924 e interpreta Osvaldo negli “Spettri” di lbsen e Leonardo ne “La città morta” di D’Annunzio. Recita con Irma Gramatica, nel 1929/30 partecipa agli spettacoli ZA BUM. Nel 1938 forma una Compagnia con Rina Morelli e nel 1939 con Laura Carli. Dotato di un viso mobilissimo ed espressivo e grazie alla sua straordinaria presenza scenica, affronta e riesce a far accogliere al pubblico impegnativi testi, italiani e stranieri, recitando con originalità ed estrosità. Di lui è stato detto che è stato l’unico “erede” dell’arte dusiana. Charlie Chaplin, che ha visto recitare la Duse a Los Angeles nel ’24, ricorda « … l’accompagnava un’eccellente compagnia italiana. Prima della sua entrata in scena un giovane e bell’attore fornì una prestazione superba, tenendo magnificamente il palcoscenico. Come avrebbe fatto la Duse a superare la straordinaria prestazione di questo giovanotto?…» (Charlie Chaplin, La mia autobiografia, Milano, Mondadori, 1977). Sebbene sia nato per il teatro, dal 1916 si dedica anche al cinema, quando era ancora muto, prendendo parte ad almeno trentacinque pellicole. 

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Enrico Benassi (Mezzani 1902 – Parma 1978)

Benassi è  noto, a livello internazionale, come uno dei più grandi pittori naïfs italiani. Il Benassi approdò all’arte del dipingere alla fine degli anni Sessanta. All’inizio usava come supporto per i suoi lavori cartoni ritagliati dal fondo di scatole di cioccolatini oppure scatole di confezioni di biancheria e compensati. Dopo l’iniziale esperienza impressionista Benassi elaborò un proprio mondo fantastico, sempre più personale e ricco di colori e di ironia con una totale evasione in mondi fantastici e paradisiaci. Dai primi anni sessanta è presente a livello mondiale in tutte le manifestazioni d’arte naif, con una bibliografia eccezionale. Sue opere furono esposte in tutto il mondo, dal Giappone (dove un suo quadro servì per la copertina di un volume sui naïfs), all’Europa e all’America. Nel 1997 sue opere furono presenti alla Triennale di Bratislava, nella mostra con la quale fu inaugurato il Museo Charlotte Zander presso Stoccarda e fu l’unico italiano esposto nella retrospettiva dedicata all’arte naive nel castello di Bonnegheim. Appassionato di musica, suonava il banjo, la chitarra e il mandolino. Del rapporto della pittura del Benassi con la musica Anatole Jakovsky, uno dei più grandi critici internazionali del settore, scrisse: “Le sue composizioni fiabesche non tengono conto né dell’unità di luogo né di quella di tempo, mescolando il reale e l’irreale, il passato e il presente, senza dubbio perché egli è, innanzi tutto, un poeta. Di più, un poeta e anche un musicista”.

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Pietro Cugini (Colorno, 2 agosto 1750 – 12 gennaio 1821)

Allievo del Petitot all’Accademia parmense di Belle Arti, su suo progetto furono eseguiti l’Oratorio della Beata Vergine del Buon Cuore di Copermio e il Potager oggi scomparso. L’incarico più prestigioso l’ebbe nel 1791 quando gli venne affidata la direzione dei lavori per l’ampliamento, la modificazione dell’orientamento e la costruzione della facciata della Chiesa di San Liborio di Colorno. Unica opera nota della sua attività avanzata è il disegno per la chiesa di San Biagio a Torrile, inaugurata l’anno dopo la sua morte.

FONTI E BIBL.: G. Bertini, Colorno, una guida, Parma, 1979, 65, 69, 75; M. Pellegri, Colorno, villa ducale, Parma, 1981, 115, 146, 150 n., 159;