La Storia di Torrile
Torrile – La storia
La zona di Torrile, situata tra Colorno e Parma, ha tra i due centri i suoi poli di riferimento naturali e i suoi stessi limiti. Colorno significa il Po, una grande via di comunicazione sempre aperta al commercio per il trasporto del sale, bene indispensabile nell’antichità. Parma invece rappresenta la grande città, la capitale di una confederazione di ducati, capoluogo di provincia e polo industriale dalla fine del secolo scorso. La zona così compresa entro i limiti naturali posti dai fiumi Lorno e la Parma non poté sviluppare centri alternativi a questi due poli e si venne disgregando in piccoli abitati, generalmente posti su vie di comunicazione. La presenza di torrenti influì sulla storia di questa zona, le tracce della centuriazione romana sono flebili, poiché l’area fu molte volte sconvolta da piene e inondazioni. Tuttavia i resti di una strada romana ritrovata a S. Polo presso il cavo “Fossetta”, una stele dei Lucrezi databile al 98 d.C. ritrovata a Torrile e le tracce di una fornace a Bezze, attestano una indubbia presenza romana. Nelle cronache medioevali leggiamo di grandi inondazioni e ripetute scorrerie di eserciti che nel loro passaggio depredavano il territorio di Torrile, San Siro e Sant’Andrea situate su una modesta linea di fortificazione posta a salvaguardia del fiume e dei mulini, industria medioevale di primaria importanza: torri di vedetta più che fortezze. Nel 1461 il Duca di Milano Francesco Maria Sforza, travolto da una piena, fu salvato da un certo Antonio Ferraro abitante a S. Polo. Queste terre nel Medioevo erano spesso incolte, coperte da fitti boschi di querce o paludose, per questo coltivate a risaie procurando reddito sicuro ai loro proprietari, ma condizioni deleterie per i lavoratori. Nella zona, oltre alla malaria, si diffuse anche la pellagra, malattia il più delle volte mortale, causata dal consumo quasi esclusivo della polenta nell’alimentazione dei contadini. Nell’Alto Medioevo il Vescovo di Parma subentra al Demanio Regio nel possesso dei territori. Si trovano possedimenti della mensa vescovile in Torrile “la corte del vescovado“. Seguirono insediamenti di monache a San Siro e San Polo e di monaci a Gainago e San Martino dei Bocci o Paradigna, la cui Certosa Cistercense fu voluta dal Cardinale Gerardo Bianchi nativo di Gainago. Tra il 1710 ed il 1715 il Duca Francesco Farnese ottiene queste terre, attraverso permuta dalla mensa vescovile, nasce così la “Selva” di Torrile (o di Colorno): un quadrato di terreno coperto da un bosco, forse il sopravvissuto querceto medioevale, riserva di caccia. Il Bosco di Torrile rientra nella politica dei Farnese che, creando intorno alla città una fascia verde destinata a riserva di caccia, miravano all’espansione della città senza alterare l’equilibrio tra prato, bosco e orto ma ottenevano così la certezza di sottoporre alla volontà ducale ogni intervento futuro. Sotto i francesi, all’inizio del XIX secolo, comincerà il graduale smantellamento del Bosco di Torrile, che ben presto scomparirà per far posto a campi coltivati. Ai proprietari ecclesiastici si sostituirono nel tempo famiglie della ricca borghesia quali i Cantelli, i Tagliaferri, gli Zandemaria, che avevano investito con mentalità imprenditoriale in proprietà fondiarie, in terreni e in cascinali. Le terre di Torrile e S. Polo erano certamente tra le più appetibili, sia per la fertilità del suolo che per la vicinanza alla città. Si avvia così un processo di ulteriore spezzettamento delle proprietà in piccole estensioni di terreno, sulle quali si elevava una casa colonica.